Kierkegaard e la filosofia della scelta

Søren Kierkegaard e la filosofia della scelta: vivere con autenticità nell’incertezza

Viviamo in un’epoca in cui le possibilità sembrano illimitate. Eppure, mai come oggi l’essere umano appare disorientato, insicuro, paralizzato davanti all’atto di scegliere.
Søren Kierkegaard, pensatore danese dell’Ottocento, ha anticipato con lucidità questa condizione. La sua filosofia è una vera e propria esplorazione dell’esistenza individuale, della libertà e dell’angoscia che nasce quando ci accorgiamo di essere chiamati a scegliere noi stessi.

Attraverso le sue opere, Kierkegaard ci invita a vivere una vita autentica, a non rifugiarci nella superficialità e a riconoscere che ogni scelta comporta un impegno profondo con la nostra esistenza.

Chi era Søren Kierkegaard?

Søren Aabye Kierkegaard nacque a Copenaghen nel 1813 e morì a soli 42 anni nel 1855. Considerato il padre dell’esistenzialismo (anticipando pensatori come Heidegger, Sartre e Camus), fu un autore prolifico e anticonvenzionale.
Le sue opere – spesso pubblicate con pseudonimi – riflettono una tensione costante tra ironia e dramma, fede e dubbio, estetica e morale.

Non fu mai accettato dall’establishment accademico, ma oggi viene riconosciuto come uno dei pensatori fondamentali del pensiero moderno, in grado di affrontare le grandi questioni della soggettività, della fede e della libertà.

La scelta come atto esistenziale

Per Kierkegaard, scegliere non è una semplice operazione logica: è un atto che coinvolge tutta la nostra esistenza. La scelta autentica è quella che ci impegna interiormente, che richiede una decisione profonda e non solo razionale. È l’opposto dell’indifferenza, della procrastinazione, del lasciarsi vivere.

Nella sua opera Aut-Aut, Kierkegaard esplora due modi di affrontare la vita:

  • La via estetica, che evita il dolore e cerca il piacere;
  • La via etica, che accetta la responsabilità della propria libertà.

Chi non sceglie, in realtà sceglie comunque: sceglie di non impegnarsi, di rimanere nella superficie dell’esistenza.

“La porta della felicità si apre verso l’interno, e chi tenta di forzarla dall’esterno la chiude ancora di più.”
– Søren Kierkegaard

Estetico ed Etico: due stili di vita

Lo stadio estetico

L’individuo estetico vive per evitare l’angoscia, per rifuggire dalla noia e dalla responsabilità. Cerca il piacere, la bellezza, il momento. Ma questa via, secondo Kierkegaard, conduce inevitabilmente alla disperazione: una forma di malattia dell’anima.

Lo stadio etico

L’individuo etico, invece, accetta il peso dell’esistenza. Si assume la responsabilità delle proprie scelte, affronta il dolore e l’angoscia che derivano dalla libertà.
È consapevole che non esiste una “vita perfetta”, ma sceglie comunque di agire con coerenza e profondità.

L’angoscia come vertigine della libertà

Uno dei concetti più potenti introdotti da Kierkegaard è quello di angoscia (angst).
Mentre la paura ha un oggetto specifico (temo qualcosa), l’angoscia è una vertigine esistenziale: nasce quando percepisco l’infinità delle possibilità davanti a me.

L’angoscia è il prezzo della libertà, è lo stato emotivo di chi si accorge di essere libero e, per questo, totalmente responsabile della propria vita.

“L’angoscia è l’esercizio della libertà.”
– S. Kierkegaard

Il salto della fede: una scelta radicale

La terza via proposta da Kierkegaard è lo stadio religioso, descritto con forza in Timore e tremore, dove analizza la figura biblica di Abramo.
Abramo è chiamato a sacrificare suo figlio Isacco: una richiesta assurda, paradossale. Eppure, egli accetta, senza sapere, senza comprendere, ma con fede.

Questa è per Kierkegaard la scelta più profonda:
credere senza garanzie, senza prove, ma con la totale partecipazione del sé.
È il famoso “salto della fede”: non un atto cieco, ma una decisione personale e coraggiosa di affidarsi.

Kierkegaard oggi: perché è ancora attuale?

Nella società contemporanea, l’individuo è sommerso da opzioni, stimoli, modelli da imitare, ma in questo oceano di possibilità, rischia di non scegliere mai veramente.

Kierkegaard ci parla ancora oggi perché ci costringe a confrontarci con domande scomode:

  • Sto vivendo in modo autentico?
  • Le mie scelte sono davvero mie?
  • Ho il coraggio di affrontare l’angoscia della libertà?

In un mondo che premia l’apparenza, Kierkegaard ci ricorda che la profondità non si improvvisa: è il frutto di una scelta quotidiana, lucida e spesso dolorosa.

Conclusioni

Søren Kierkegaard ci consegna una filosofia viva, concreta, profondamente umana.
La sua riflessione sulla scelta, l’angoscia e la fede è una chiamata a vivere con coraggio. Non ci chiede di essere perfetti, ma di essere presenti a noi stessi, autentici, disposti a sentire anche il dolore che accompagna la vera libertà.

Per vivere pienamente non basta esistere: bisogna scegliere.
E in questo atto sta tutta la forza – e la vertigine – dell’essere umano.

Invito alla riflessione (e all’approfondimento!)

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E tu?

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