Viviamo in un’epoca di stimoli infiniti, dove il desiderio è diventato la forza motrice della nostra quotidianità. Ma cosa accade quando ogni desiderio realizzato lascia dietro di sé solo vuoto, noia o nuovo bisogno?
Arthur Schopenhauer, uno dei pensatori più radicali del XIX secolo, ci offre una visione lucida – e scomoda – della condizione umana.
In questo articolo esploriamo il legame tra desiderio e sofferenza nel pensiero schopenhaueriano e cerchiamo di comprendere come questa consapevolezza possa trasformarsi in una via di liberazione.
Chi era Arthur Schopenhauer?
Filosofo tedesco vissuto tra il 1788 e il 1860, Schopenhauer è spesso ricordato come un pessimista, ma sarebbe più corretto definirlo un realista dell’esistenza.
Fu profondamente influenzato dal pensiero orientale (soprattutto buddista e vedantico) e dalla filosofia di Kant, ma sviluppò una visione del mondo unica, centrata su un concetto chiave: la Volontà.
Cos’è la Volontà?
Per Schopenhauer, la Volontà è una forza primordiale e irrazionale che permea tutto l’universo. Non è volontà cosciente, bensì energia cieca, impulso alla vita, brama di esistere e perpetuarsi.
Negli esseri umani, questa volontà si manifesta come desiderio.
“La vita è un affare che non copre nemmeno i suoi costi.” – A. Schopenhauer
Perché il desiderio è fonte di sofferenza?
Ogni desiderio nasce da una mancanza e si accompagna a uno stato di tensione. Quando il desiderio viene soddisfatto, la tensione cessa, ma solo per poco: presto ne nasce un altro.
Schopenhauer afferma che la vita oscilla tra dolore e noia:
- Il dolore, quando desideriamo e non otteniamo.
- La noia, quando otteniamo e il desiderio scompare.
Un eterno pendolo che non si ferma mai.
Il desiderio come illusione della libertà
Nel mondo moderno, siamo portati a pensare che più desideri soddisfiamo, più siamo liberi. Ma per Schopenhauer è vero il contrario:
più desideriamo, più siamo schiavi della volontà.
Anche l’amore, la creatività, l’ambizione: sono solo manifestazioni della volontà di vivere, strategie della natura per perpetuare se stessa.
L’arte di liberarsi: le vie della trascendenza
Schopenhauer non ci lascia in una condizione di disperazione, ma ci indica delle strade per trascendere la volontà:
1. L’arte
Attraverso l’esperienza estetica, possiamo per un attimo contemplare la realtà senza desiderare nulla. L’arte ci mette in pausa, ci libera.
2. La compassione
Comprendere la sofferenza altrui ci allontana dall’egoismo e dal ciclo del desiderio personale. La compassione è l’unica vera etica possibile, per Schopenhauer.
3. L’ascesi
Il distacco volontario dal piacere, dal possesso, dall’attaccamento. Non come rinuncia sterile, ma come via verso una pace interiore autentica.
Un invito alla consapevolezza
In un mondo che ci bombarda di stimoli e ci spinge a volere sempre di più, Schopenhauer ci suggerisce un’alternativa controcorrente:
volere di meno, desiderare con coscienza, osservare la vita senza reagire compulsivamente.
“La felicità è negativa: è assenza di dolore.”
Un’affermazione forte, certo, ma anche profondamente liberatoria.
Invece di cercare risposte nel rumore del mondo, possiamo trovarle nel silenzio interiore.
Filosofia per vivere meglio
Rileggere Schopenhauer oggi significa guardare in faccia una verità che spesso ignoriamo: il nostro dolore non nasce dalle cose, ma dal desiderarle senza tregua.
E forse, proprio in questo, possiamo iniziare a cambiare.
Non rinunciando a vivere, ma imparando a vivere in modo più lucido, libero e consapevole.
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